Definizione
I disturbi del comportamento alimentare sono una gamma di disturbi caratterizzati dalla presenza di una persistente alterazione del comportamento alimentare in grado di compromettere il funzionamento sociale e il benessere psicofisico del paziente. Si tratta di patologie caratterizzate da un’alterazione del rapporto con il cibo e con il corpo, chi ne è affetto non riesce ad alimentarsi con sufficiente serenità ed ha una percezione alterata del proprio corpo.
Classificazione
In base a quanto descritto nei manuali di psicopatologia, parliamo di anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbi alimentari non altrimenti specificati-NAS (nella terminologia inglese definiti come EDNOS: Eating Disorders Not Otherwise Specified).
L’anoressia nervosa è un disturbo caratterizzato da una restrizione dell’alimentazione dovuta ad un’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme corporee, che si esprime in una continua e ossessiva paura di ingrassare e nella ricerca della magrezza.
Per fare una diagnosi di anoressia devono essere soddisfatti i seguenti criteri:
1. Rifiuto di mantenere il peso corporeo almeno al livello minimo considerato normale in rapporto all’età e alla statura. È considerato sottopeso un individuo con peso corporeo al di sotto dell’85% del peso normale per età ed altezza. In alternativa si può fare riferimento all’indice di massa corporea o Body Mass Index (IMC o BMI): rapporto tra peso espresso in chilogrammi e quadrato dell’altezza espressa in metri. Limite minimo di BMI≤ 17.5 Kg/m².
2. Presenza di un’intensa paura di aumentare di peso o di ingrassare, nonostante il sottopeso. Paradossalmente questa paura tende ad aumentare quanto più il peso diminuisce.
3. Alterata percezione del peso e delle forme del corpo, fondamento per la valutazione del proprio valore come persona (autostima). Quasi sempre viene negata la gravità della perdita di peso.
4. Amenorrea (nelle donne che hanno già avuto il menarca), cioè assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi. (Si considera una donna amenorroica anche se i suoi cicli avvengono solo in seguito a somministrazione di ormoni, per esempio di estrogeni).
L’anoressia viene distinta in due sottotipi:
Tipo restrittivo: la persona usa solo il controllo del cibo e l’iperattività.
Tipo abbuffate/condotte di eliminazione: la persona presenta frequenti episodi di abbuffate compulsive o comportamenti purgativi.
INDICE DI MASSA CORPOREA (ICM o BMI) |
Significativamente sottopeso 17.5 o inferiore Sottopeso 17.6-18.9 Peso basso 19.0-19.9 Peso normale 20.0-24.9 Sovrappeso 25.0-29.9 Obesità 30.0 o superiore |
Un elemento cruciale nello sviluppo e nel perpetuarsi dell’anoressia nervosa è rappresentato dalla comparsa dei cosiddetti sintomi da digiuno. Si tratta di una serie di conseguenze sul piano psicologico e fisico della restrizione alimentare e della conseguente perdita di peso. Le conoscenze a questo proposito derivano da un filone di studi che data ormai da cinquant’anni, iniziato presso l’Università del Minnesota. È utile notare che l’interesse per questo argomento, alla fine degli anni ’40, non aveva nulla a che fare con lo studio dell’anoressia, che era allora una malattia rara, ma con ciò che era avvenuto durante la guerra ed in particolare con i campi di concentramento. Tant’è vero che nell’esperimento originario vennero inseriti solo soggetti maschi, in buone condizioni di salute psicofisica. Lo studio doveva verificare cosa succede ad una persona sana che si trova ad essere esposta ad una alimentazione insufficiente. Si vide che le persone sottoposte ad una alimentazione ridotta, dopo una prima fase caratterizzata da euforia e iperattività, sviluppano una complessa serie di sintomi e segni che coinvolgono aspetti organici, comportamentali e psichici, che costituiscono la cosiddetta “sindrome da digiuno”.
Sintomi da digiuno |
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Atteggiamenti nei confronti del cibo v Preoccupazioni per il cibo v Collezione di ricette e libri di cucina v Inusuali abitudini alimentari v Incremento del consumo di caffè, tè, spezie v Occasionale ingestione esagerata di cibo
Modificazioni emotive e sociali v Depressione v Ansia v Irritabilità e rabbia v Labilità emotiva v Episodi psicotici v Cambiamenti di personalità evidenziati dai test psicologici v Isolamento sociale |
Modificazioni cognitive v Diminuita capacità di concentrazione v Diminuita capacità di pensiero astratto v Apatia
Modificazioni fisiche v Disturbi del sonno v Debolezza v Disturbi gastrointestinali v Ipersensibilità al rumore e alla luce v Edema v Ipotermia v Parestesie v Diminuzione del metabolismo basale v Diminuzione dell’interesse sessuale |
Tratta da: A. Keys et al., The Biology of Human Starvation. Minneapolis: University of Minnesota Press, 1950 |
Sul piano fisico compaiono disturbi legati al ritmo del sonno (la fame spesso impedisce di dormire), alla bassa temperatura corporea (difesa delle residue energie e risparmio energetico) da cui la sensazione costante di freddo sofferta dalle anoressiche. I sintomi digestivi (nausea, senso di pienezza gastrica, tensione addominale) sono a volte così importanti che spesso dolori, spasmi, gonfiori, sensazioni di difficoltà digestive sono segnalati come motivo del rifiuto del cibo.
Sul piano psicologico si riscontra un’attenzione completamente polarizzata sul cibo, che porta il soggetto a imperniare tutta la sua quotidianità sull’alimentazione, talvolta con comportamenti bizzarri, ritualistici e spesso caratteristici in particolare dell’anoressia restrittiva.
Si assiste spesso a modificazioni importanti sul piano emotivo, emergono stati depressivi, ansiosi e di irritabilità; talvolta si possono riscontrare manifestazioni psichiatriche anche di maggiore gravità. Spesso risulta evidente una tendenza all’isolamento sociale, amplificata dalle oggettive difficoltà che la ragazza anoressica incontra nel frequentare altre persone. Gli amici, dopo un primo momento in cui hanno a volte incoraggiato la sua dieta per la linea, divengono perplessi di fronte all’eccessivo dimagrimento e non condividono le sue preoccupazioni per il cibo. Inoltre, lo stare insieme spesso prevede momenti conviviali quali mangiare la pizza o il gelato; in queste occasioni chi soffre di anoressia sperimenta solo ansia, imbarazzo, voglia di evitamento e di autoesclusione. L’insorgenza della sintomatologia psichiatrica (ansia, depressione, irritabilità) e la tendenza a chiudersi in se stessa pongono la ragazza in una condizione in cui ogni relazione è difficile ed anche l’accettazione di un aiuto esterno è problematica. La ragazza con un DA ha imparato che il controllo del cibo è un potente strumento per controllare le sue ansie e paure: ogni tentativo di ridurre il controllo può scatenare una crisi di ansia e depressione. È allora giocoforza per la ragazza riprendere quel controllo che riesce a darle un seppur breve sollievo.
Bulimia Nervosa
La bulimia nervosa è un disturbo per certi aspetti simile all’anoressia: il nucleo centrale di entrambe le patologie è rappresentato da una paura morbosa di diventare grasse e di essere sovrappeso.
Per fare una diagnosi di Bulimia Nervosa devono essere soddisfatti i seguenti criteri:
1. Presenza di abbuffate.
Una abbuffata è caratterizzata da entrambi i seguenti:
a) mangiare in un definito periodo di tempo (ad es. un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili
b) sensazione di perdere il controllo durante l'episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando).
2. Presenza di condotte compensatorie per prevenire l'aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo.
3. Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno due volte alla settimana, per tre mesi.
4. Il peso e la forma del corpo influenzano in modo eccessivo e inadeguato la valutazione della stima di sé.
La bulimia nervosa viene distinta in due sottotipi:
-Con condotte di eliminazione in cui il controllo del peso viene mantenuto per mezzo dei comportamenti purgativi
-Senza condotte di eliminazione in cui i mezzi di compenso utilizzati sono il digiuno o l’attività fisica eccessiva.
Trattamento ambulatoriale o ricovero?
Il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare può essere condotto a vari livelli: in contesto ambulatoriale o in situazione di ricovero presso un ospedale generale o in cliniche specializzate.
Per valutare le singole esigenze di cura è necessario avere chiare le condizioni fisiche del paziente, la sua motivazione e capacità di collaborazione, il supporto che la famiglia è in grado di offrire ed eventuali comorbilità psichiatriche.
La maggior parte dei clinici, supportati dalla letteratura disponibile sul tema, sostiene che il trattamento ambulatoriale sia il contesto di cura elettivo nelle situazioni di DA se non ci sono problemi internistici.
Tale soluzione consente, infatti, al paziente di mantenere tutte quelle relazioni interpersonali che abitualmente intrattiene, senza interrompere la frequentazione della scuola o l’attività lavorativa, spazi che spesso sono peraltro funzionali al percorso di guarigione.
La condizione essenziale perché possa essere intrapreso un percorso di cura in contesto ambulatoriale è che da parte del paziente vi siano una buona disponibilità a collaborare con il team di professionisti (dietista, psicologo, medico, terapeuta familiare), una sufficiente motivazione ad intraprendere il processo terapeutico, una buona consapevolezza del disturbo e un’adeguata capacità di autogestione nel portare avanti quanto di volta in volta viene concordato tra paziente e professionisti. Non da ultimo, per poter intraprendere con successo un trattamento in contesto ambulatoriale, è necessario poter contare su una famiglia collaborante, in grado di fornire sostegno pratico ed emotivo.
Un trattamento ambulatoriale può dirsi efficace quando si ha risposta positiva ad una serie di indicatori di controllo tra cui:
• Il benessere personale percepito dal paziente;
• La stabilizzazione dell’umore;
• Il recupero di un peso adeguato;
• La ripresa del ciclo mestruale;
• La regolarizzazione dell’alimentazione;
• La riduzione dei pensieri ossessivi;
• La riduzione in frequenza delle abbuffate, delle crisi di vomito, dell’iperattività.
Vi sono tuttavia situazioni nelle quali il paziente non risponde al trattamento ambulatoriale; in tali circostanze spesso diventa necessario cambiare il setting terapeutico in quanto il persistere in un trattamento che non produce risultati, soprattutto se il peso corporeo del paziente è molto basso, può essere pericoloso perché può portare al deterioramento delle condizioni cliniche e condurre alla cronicizzazione del disturbo.
Si ritiene necessario il ricovero in presenza delle seguenti condizioni (vedi indicatori di gravità in appendice):
• Malnutrizione grave definita con un BMI inferiore a 15 o un peso corporeo inferiore al 75% del peso minimo di riferimento;
• Dimagrimento rapido (5 o 6 kg o più al mese per due mesi);
• Grave destrutturazione del comportamento alimentare (numerose crisi giornaliere di abbuffate e vomito, controllo ossessivo dell’assunzione di liquidi);
• Gravi disordini dell’equilibrio idrosalino;
• Malattia infettiva connessa alla malnutrizione;
• Disturbi gastroenterici importanti (vomito continuo, disturbi dell’alvo…);
• Gravi alterazioni rilevate attraverso gli esami del sangue (grave anemia…);
• Emergenza psichiatrica per grave depressione, tentativi di suicidio, comportamenti autolesivi;
• Elevata conflittualità dell’ambiente socio-familiare;
• Isolamento sociale grave;
• Inadeguata consapevolezza della propria condizione, ridotta capacità critica e di autogestione e mancanza di motivazione alla cura.
Il ricovero ospedaliero è per lo più indicato nelle situazioni di anoressia nervosa, meno per pazienti con bulimia nervosa.
Così come avviene in contesto ambulatoriale, anche in regime di ricovero l’intervento è di tipo multidisciplinare, in quanto volto a trattare in maniera integrata sia gli aspetti fisici che psicologici del disturbo. Il ricovero deve essere comunque e sempre pensato come un intervento temporaneo; il trattamento ospedaliero e ambulatoriale sono complementari. Spesso un ricovero riuscito è ciò che consente una presa in carico ambulatoriale forte ed efficace.
L’ospedalizzazione dovrebbe essere sempre preceduta da una fase motivazionale, più o meno lunga, in quanto, fatta eccezione per situazioni nelle quali vi sia un rischio medico, la piena adesione del paziente al progetto terapeutico è centrale per il buon esito del trattamento. In questa prima fase motivazionale è importante che il trattamento venga spiegato dettagliatamente perché è un diritto del paziente conoscere la durata del ricovero, le procedure terapeutiche che saranno intraprese, l’impegno che verrà richiesto e i risultati che si possono raggiungere.
Il ricovero ospedaliero si prefigge i seguenti obiettivi:
• Recupero del peso o presenza di un trend di recupero accettabile;
• Regolarizzazione dell’alimentazione;
• Scomparsa di sintomi quali abbuffate, comportamenti purgativi, iperattività;
• Miglioramento delle capacità relazionali;
• Maggior comprensione e consapevolezza del problema;
• Sviluppo di una motivazione sufficiente ad affrontarlo.
Il trattamento psicologico è per lo più inefficace e sconsigliato nelle prime fasi quando il BMI è troppo basso.
Infatti gli effetti psicologici e fisici del digiuno (la perseveranza e concretezza del pensiero, l’ossessione per il cibo, la depressione…) rendono il soggetto incapace di sostenere adeguatamente la psicoterapia che richiede una capacità di ragionamento ad un livello più astratto ed una sufficiente capacità di analisi introspettiva. Inoltre, dal momento che molti dei sintomi psicologici, un tempo ritenuti causa del disturbo, oggi sono riconosciuti come conseguenza della denutrizione, è assolutamente necessario che il peso corporeo ritorni a livelli accettabili per poter valutare correttamente lo stato emotivo e la personalità del paziente, per poi programmare un progetto psicoterapeutico adeguato. Pertanto, il recupero del peso corporeo, con conseguente normalizzazione dello stato ormonale e dell’aspetto fisico rappresenta il primo obiettivo da raggiungere con il ricovero.
Il trattamento cognitivo-comportamentale dei DCA
La terapia cognitivo-comportamentale per la cura dei DCA mira a modificare l’idea che il peso e le forme corporee costituiscono l’unico o il principale fattore in base al quale stimare il proprio valore personale. Nei casi in cui le pazienti (soprattutto con anoressia nervosa) hanno una scarsa motivazione alla cura è prevista, prima della presa in carico, una fase di motivazione alla terapia e al cambiamento.
Prevede tre fasi per una durata complessiva di 1-2 anni.
La prima fase è finalizzata a normalizzare il peso e ad abbandonare i comportamenti di controllo del peso; la seconda fase tende a migliorare l’immagine corporea, la valutazione di sé e i rapporti interpersonali; la terza prevede l’applicazione di procedure finalizzate a prevenire le ricadute, a mantenere i risultati raggiunti durante il trattamento e a preparare la fine della terapia.
Il trattamento del disturbo del comportamento alimentare può prevedere l’attivazione di un progetto terapeutico così articolato:
Studio di Psicoterapia Empoli
Via R.Fucini 49 Empoli 50053 FI
Tel. 3271238204